martedì 20 marzo 2007
Come un topolino impaurito in un labirinto di compensato ho passato questi ultimi giorni a studiare tutti gli angoli del mio ufficio, cominciando ad ambientarmi seriamente e soprattutto prendendo confidenza con i miei colleghi.
La premessa che va fatta è l'aria di "straordinarietà" che si respira tra questi corridoi. Saper scrivere bene, aver fatto un corso di doppiaggio o recitazione, qui è nella norma anche per il meno importante degli impiegati. Si sa la televisione attira a sé tante persone che, avendo perso l'occasione di essere stelline del sabato sera, sono "rientrate dalla finestra" respirando la stessa aria, magari di seconda mano.
Ma come biasimarli? Alla fine il jet set è fatto solo per i raccomandati e per le persone davvero straordinarie, che qui come dicevo non mancano, ma forse non lo sono abbastanza.
Si respira un'aria particolare, quasi da scuola per come tutti qui dentro si lamentano di cartellino e levatacce ma alla fine si chiacchiera, si scherza e ci si diverte.
Qualche anno fa, lessi l'acuta distinzione tra persone che basano la loro realizzazione sul duro lavoro e quelle che invece la basano sul talento e una sorta di dote naturale. Niente di nuovo sotto al sole (questa distinzione si può trovare anche su Narciso e Boccadoro) ma posso dire che qui andiamo avanti grazie al talento di molti e il duro lavoro, ma poi neanche troppo, di pochi.
Ecco questi pochi li riconosci per vari aspetti. Il primo è come ti salutano, con aria svogliata, e soprattutto se non li saluti tu per primo potrebbero venirti addosso senza neanche guardarti negli occhi.
Quando vai a pranzo e ci capiti insieme difficilmente parlano, e se lo fanno è per criticare la tv, il Grande Fratello, il rispettivo/a partner che gli ha abbozzato la macchina e quanto sia aumentato il costo di tutto e che ci stanno fregando i soldi. Sempre comunque con un tono rassegnato, e mai argomentato con qualcosa di più consistente del solito luogo comune.

Non ho niente di male con loro, alla fine senza il prezioso contributo burocratico l'azienda difficilmente andrebbe avanti, ma è evidente come il loro ruolo gli stia stretto o -ancora peggio- sia troppo faticoso.
Loro fanno di tutto per nasconderlo, ma il lunedì è per tutti il momento della verità.

Nella settimana del lavoratore impiegato, quello dotato di cartellini, ci sono due numeri rossi sul calendario: uno è la Domenica, sinonimo per molti di pranzo con parenti, Ikea, partite di calcio, a volte cinema alle 8 e 30 così lunedì non si fa fatica ad alzarsi presto.
Il secondo ripassato a mano con il pennarello è proprio il Lunedì, festa nazionale di George Romero intitolata "l'alba dei morti viventi".
Ho notato che il lunedì gli zombi tendono a divorare gli esseri umani normali. Al bar per esempio, il barista tira i cucchiaini sulle tazzine, non li poggia. Non fa battute e soprattutto va lentissimo, come gli zombi appunto.
Quando poi rientri in ufficio la scena si ripete. La comunicazione avviene tramite monosillabi e grugniti, mentre l'ascensore -ottimale sostituto delle scale- pullula sempre di persone che per fare le scale con le mani avanti e la classica andatura trascinata ci metterebbero qualche ora.
Ogni cosa richiesta lunedì mattina, se non corredata da mail e triplice copia in carta bollata, va perduta nell'oblio.
La parte più bella è quella che richiede un minimo di PR. Mai chiamare qualcuno per chiedergli qualcosa il lunedì mattina, che so se viene ospite al programma. Se va bene si rischia un netto rifiuto, se va male ci vuole il classico rivestimento all'avambraccio che viene usato dagli addestratori di pastori tedeschi.
Praticamente gli zombi cercano di alimentarsi della carne buona ma, soprattutto, una volta "mozzicato" un lavoratore normale gli attaccano la "zombite" e anche lui comincia a comportarsi nello stesso modo.

Insomma il lunedì mattina è praticamente una "zona morta" che, se non correttamente abbinata ad un pranzo degno di questo nome, si può trascinare fino al pomeriggio, con evidenti problemi di tipo organizzativo.
In mezzo a questa specie di Resident Evil c'è chi invece riesce a farsela prendere bene. Passo svelto, battuta pronta, telefono a manetta e niente ascensore.
Ecco il lunedì svela chi è in ufficio per faticare e chi perché dopotutto ci sta bene. Anzi se l'è fatta prende bene.

C'è anche una terza categoria, i membri del Sacro Ordine Adoratori del Tornello, ovvero persone che tarano la loro vita sulla sedia che gli mettono sotto al culo e che, generalmente, fanno carriera.
Ma questa è un'altra storia...

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posted by Stefano at 09:21 | 0 comments
giovedì 8 marzo 2007
Qualche mattina fa, nella bruma mattutina, un po' intirizzito scorrevo accanto alle macchine incolonnate nel traffico.
Un repertorio di smart, scooteroni imbacuccati, Nissan Micra un po' abbozzate e un mare di cravatte, tailleur, auricolari e mascara messi all'ultimo secondo, tra una fermata e una ripartenza.
Il sole faceva capolino tra le nuvole e, in prossimità della curva della Salaria, faceva strani riflessi sulla mia visiera.
Fatto sta che mi sono finalmente svegliato, circa un'ora dopo il perentorio suono della sveglia, quasi di botto, di soprassalto. Giusto il tempo di dare una toccatina ai freni, una scalata, schivare il solito stronzo che cambia corsia senza mettere la freccia e continuare la mia folle corsa, sfiorando lo specchietto con il gomito e mandando un vaffa a mente.
Non tutti hanno la fortuna di svegliarsi prima di arrivare in ufficio.

Poco dopo, uscito dall'arena - pardon la Tangenziale, c'è una fermata dell'autobus, accanto a un'edicola dall'altra parte della strada. E un passaggio pedonale, di quelli con le scale.
E mi capita di vedere pischelli liceali, con lo zaino o la borsa in spalla, che in gruppetti da due o tre si avviano per entrare in ritardo a scuola. E capita spesso che mi arrivi qualche occhiata furtiva. Chissà cosa pensano di me, del mondo circostante, e degli "adulti" visti i gusti nel vestire, nel comportarsi.
Non è capitato di rado che qualcuna di loro si sia fermata con l'arancione, preoccupata che io (o qualche altro matto) scatti travolgendola all'accensione della luce verde. E non capita di rado che mi volti verso di lei abbassando la visiera, partendo con una leggera sfrizionata su una ruota.
Non lo faccio quasi mai, tranne che lì.
È un modo di salutare l'ultimo semaforo della mattina, e di alimentare il mito che forse da qualche parte lo Step che lei e tutte le sue coetanee sognano esiste...

Pochi metri dopo si trova il mio ufficio, il mio tornello, il mio telefono e il mio PC.
Un po' come i film americani mi sono trovato una bella mattina a dovermi alzare dal letto e andare a lavoro. Come tutti.
E una bella mattina dopo fare la stessa cosa.
E quella dopo ancora di nuovo.

Nessun trauma, nessuna voglia di tornare indietro. Dopotutto amo il mio tornello, il modo in cui mi saluta con quel suo suono metallico, quando avvicino il badge. Il modo in cui mi accarezza senza insistenza e, con uno scatto, mi ricorda che da oggi "sei dentro".


Signori, benvenuti al Fight Club.
Prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club.
Seconda regola del Fight Club: non dovete parlare mai del Fight Club.
Terza regola del Fight Club: se qualcuno grida basta, si accascia o è spompato, fine del combattimento.
Quarta regola: si combatte solo due per volta.
Quinta regola: un combattimento alla volta, ragazzi.
Sesta regola: niente camicia, niente scarpe.
Settima regola: i combattimenti durano per tutto il tempo necessario.
Ottava e ultima regola: se questa è la vostra prima sera al Fight Club... dovete combattere!

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posted by Stefano at 19:40 | 0 comments