lunedì 23 luglio 2007
Quando ero piccolo si scherzava sempre con la "controbattuta" che se mì nonno c'aveva treppalle era un flipper. E visto che non c'è due senza tre, ecco a voi la terza palla, creata all'uopo per un ennesimo blog scazzo.

Sto chiaramente scherzando, anzi ho voluto mettere alla prova chi mi legge e chi invece "mi legge" pescando il mio blog a cas(zz)o tra i suoi "bookmark" (parola di antica memoria, soppiantata da un melenso "preferiti" di italica forgiatura navigatrice) per passare distrattamente oltre.
Dopo il rush di ieri (passato ancora in ufficio) e dopo la sana dormita ristoratrice con tanto di timbratura alle ore 11 e 30 ho cominciato la menottava giornata in ufficio, prima della fuga dalla città (ma senza l'amore e senza le vacche, per i feticisti di IMDB).
Image Hosted by ImageShack.usIl vero problema è che non posso (anzi "dovrei evitare di") usare il mio motorello per andare a lavoro. Quindi niente rilassante guida da scippatore, niente "stoppie" davanti alle vecchiette in preda al panico sulle strisce pedonali, niente urla isteriche di mamme impedite alla guida di monovolume alla A-Team e, soprattutto, MEZZI PUBBLICI (voce di Fantozzi).
Ovvero ascellari metropolitane, sudatissimi autobus e ROMmissime combriccole di ragazzini insopportabili che tra uno scippo e l'altro chiedono qualche spiccio.
Io ogni volta che sono con loro rispondo che ho l'abbonamento annuale, infatti l'anno scorso sono passati loro da casa a prendere la quota annuale (entrando anche dalla finestra, così non hanno dovuto disturbare al campanello); quest'anno sono passati fuori dall'ufficio per prendere il motorino, senza neanche disturbarmi mentre lavoravo, mentre per l'estate stanno preparando la riscossione della tredicesima lasciando qualche segnetto sui citofoni, un po' come la parrocchia che dice "passiamo di qui a benedire il giorno X alle ore Y".
Unica cosa non ho la tessera annuale, almeno la esibisco ai semafori o quando mangio fuori dall'ufficio in quella che a volte sembra la periferia di Mogadiscio.

Tornando alle tematiche di traspirazione, Madre Natura è stata molto gentile con me e, grazie a una leggerissima passata di "deodorante stick", passo il mio viaggio da casa all'ufficio urlando alle spalle della gente (preferibilmente zitelle timorate di Dio e nonnette con borsa intercostale) ALTOLA' AL SUDORE!!!
Perché sudo poco.
Al contrario di alcuni esemplari che, alla faccia di ascelle leggermente pezzate, grondano come Pietro Mennea a Città del Messico '79 (19 e 72 sui 200 metri), costringendo in caso di leggera calca ad indossare un kit di soppravivenza composto da:
Image Hosted by ImageShack.us1)accappatoio in spugnona infeltrita bianca (o azzurroscolorito/giallopiscio) della Zucchi
2)cuffia semiacrilica a due colori (bianco-blu e/o rosso) Arena
3)ciabatte blu con chiusura a strapo di Sergio Tacchini
4)occhialetti impermeabili Arena con elastico sbrillentato
5)verruche tascabili da distribuire a piacimento, anche utilizzando l'elastico degli occhialetti come fionda
e per la tutela delle froge una molletta da naso in legno Ikea adeguatamente stressata con ripetute aperture e chiusure.

Superata la fase "tonno riomare" sono riuscito a conquistare, stremato, il tornello. Il problema vero è quando, in una nuvola di vapore alla Jurassic Park, si schiude la porta dell'ufficio e vengo accolto dai ragazzi della reception in colbacco e doposci MoonBoot pelosi. In quei momenti l'estrazione del cartellino, tra scricchiolii dei tessuti alla T1000, rischia di richiedere quella dose di secondi in più che allo scattare del trentunesimo minuto significa ritardo, fustigazione in ginocchio sui ceci e crocifissione in sala mensa.

Image Hosted by ImageShack.usTutto questo per dire che oggi mi sono spaventato. Costretto ad abbrutirmi nelle segrete (i sotterranei adibiti alla library e i visionatori) per scalettare dei nastri che monterò venerdì, ho cominciato a vaneggiare, a vedere i puffi che giocavano sopra la TV, i colleghi che pattinavano sul ghiaccio nei corridoi e perfino la famiglia di funghetti che ballava il Valzer dei Fiori di Tchaikovskij.
Poi un discreto colpetto alla spalla mi ha fatto capire che mi ero addormentato tipo Homer Simpson, con tanto di bavetta e testa abbandonata all'indietro.Image Hosted by ImageShack.us Scena tapina, è vero, fortuna che la mia collega è di quelle simpatiche e con fare ammiccante mi ha detto che è successo anche a lei una volta (immagino senza bavetta però).
Fatto sta che ho ripreso a lavorare e, giunte le 18, sono risalito in superficie, con una voce dentro di me che ha osato dire (e qui mi sono davvero spaventato) "beh non sembrano le 6, potrei restare ANCORA UN ALTRO PO'...

A quel punto è partito il trip mentale, Karl Marx, l'alienazione dell'operaio, Tempi Moderni con Charlie Chaplin che zompetta a destra e sinistra, Oskar Schindler con la rEgazzina vestita di rosso... e la collega di prima che mi fa "cosa aspetti"?
Io "l'ascensore".
Lei, con lo stesso fare ammiccante "guarda che prima devi premere quel pulsante tondo lì".

Ero indeciso se partire con il trip mentale di lei che mi imbocca sdentato a ottant'anni, dopo cinquant'anni di matrimonio e una conigliera di figli. Poi ho pensato che se vado avanti così potrebbe capitare quarant'anni prima, oltretutto con il rischio di cominciare a riempire la conigliera tra il piano terra e il primo piano.
Alla fine ho optato per il pulsante numero 2, lo stesso suo piano, e un "beh non capitano anche a te i lunedì scarburati?".

Peccato che non lavora per Nuvolari e, di carburatori, non sa un cazzo.

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posted by Stefano at 21:36 | 2 comments
sabato 21 luglio 2007
Fase scazzo.
Di quelle in cui dovrebbero togliermi la tastiera da sotto le mani ma, ahitutti, ormai è in mio possesso.

Boh dupalle. Praticamente. Perché me ne devo stare a casa, senza condizionatori, perché non posso andare al mare a farmi il bagno o provare il widsurf nuovo che ho comprato cinque giorni prima la mia operazione (quando ancora non lo sapevo che l'avrei fatta).
Dupalle perché alla fine con l'inesorabile avvicinamento dell'estate un po' tutti sono già con la testa sull'aereo/traghetto/macchina/moto, quindi non gli va di fare un cazzo. Di sbattersi, decidere come ammazzare il tempo in questi due weekend prima di Agosto.
"Fortuna" che domani devo seguire un'altra diretta in ufficio ma, in fin dei conti, dupalle.

Dupalle anche perché vorrei allenarmi un po', correre nuotare o chissà cosa. E non posso.
Dupalle perché ho lavorato tutto ieri fino alle 11 di sera e, una volta finito, fuori non c'era molto da fare. E pensare che in una settimana ho solo due serate per "fare quello che mi pare".

Insomma, se non s'era capito, dupalle.
In genere il weekend serve per raccogliere le forze, ma qua tocca raccogliere il sudore. E le palle, appunto.

Mi consolo pensando che, in fin dei conti, facendomi dupalle a casa riesco ad andare in ufficio con quel briciolo di motivazione necessario a far arrivare vivi i colleghi alla mia partenza.
Però dupalle!!

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posted by Stefano at 18:15 | 3 comments
giovedì 19 luglio 2007
Una delle prime cose che mi ricordo di aver (dovuto) imparare a scuola è che in natura nulla si crea. E nulla si distrugge.
Un comodo modo di rapportarsi alla realtà che diventa razionale e "stabile". Quasi immutevole.
Ma oggi maledico, sì maledico, una natura un mondo e uno svolgersi delle cose che, comunque, segue questo maledetto equilibrio.
Parliamo di me: natura ha voluto ridarmi una vista quasi sovrannaturale, un dono della luce che avevo quasi dimenticato. Fino a qualche attimo fa mi chiedevo un po' trasognato per quale motivo un qualsiasi essere umano, con l'obbligo di portare occhiali, non dovrebbe affidarsi alle cure di questo mezzo miracolo. In 7 giorni, praticamente senza convalescenza, ho acquistato una vista che forse non ho mai avuto dalla nascita.

Ma tutto ciò perde improvvisamente spessore. Esplode in mille particelle luminose per riportare il buio. Non negli occhi, non nella testa ma nella vita. Che questa volta non è mia, non parlo della mia, ma di quella di un'amica, una donna, una persona che dalla Natura ha ricevuto tanto (tantissimo, innanzitutto un carattere splendido) ma alla Natura ha dato ancora di più.
Ha dato il cuore, ha dato la felicità. Sì ha dato la felicità che le è stata strappata ancora una volta via, ancora una volta da questa cazzo di Natura, da questo cazzo di mondo che non guarda mai, mai, in faccia a nessuno. Passi mesi se non anni a costruirti un luogo interiore, una sfera di felicità fragile come una bolla di sapone, che alla minima variazione si dissolve, costringendoci a cominciare daccapo.
Ma se a questo mondo c'era una persona che non meritava di passare quello che ha passato nei mesi, negli anni ma soprattutto nei giorni recenti, quella è proprio lei.

Da piccolo ti insegnano che la Natura non crea e non distrugge nulla, ma trasforma. Tutto sotto il segno dell'equilibrio.
Ma è un cazzo di equilibrio cosmico. Cade un albero nella foresta e vivono milioni di nuove pianticelle investite dal sole. Dove un cucciolo di una specie viene divorato senza pietà vive un cucciolo di un'altra specie.

Ma perché (perchè!) proprio lei deve pagare un dazio a questo mondo, un mondo di persone che l'amano contro un destino che la odia, sì la odia, che non le lascia tregua, che tormenta quel cuore così sensibile, quella vita così difficile.

E allora fanculo i miracoli dell'oculista, fanculo le felicità della vita così belle e inaspettate se poi da qualche altra parte si deve abbattere una tragedia. E questa tragedia deve abbattersi ancora, nuovamente, sulla stessa persona che, fanculo, la paga per tutti quelli che qualche giorno fa, in quei precisi attimi, ridevano spensierati e felici lontani anni luce da qualsiasi sofferenza.

Signori leviamoci il cappello, abbassiamo lo sguardo, e inchiniamoci di fronte ad una donna in grado di reggere con le proprie gambe tutto questo.

Che in questa merda di stato di natura paga, a caro prezzo e per tutti, i sorrisi e le felicità che ciascuno di noi consuma avidamente ogni volta che sorge il sole.

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posted by Stefano at 21:44 | 0 comments
giovedì 12 luglio 2007
Si cambia, si cambia ancora, questa volta rendendo onore alla tradizione blogghistica che io stesso ho stoltamente cominciato tre anni orsono, con un nome (lo Zibaldone) che nonostante la leopardiana memoria non ne ricalcava certo le aspirazioni.
L'aneddoto del mio primo blog "ever" riguarda un articolo che scrissi sul giornalino universitario dove, senza mezze misure, bocciavo il proliferare dei blog limitandoli a due macroutilizzi.
Il primo associabile ad un diario aperto, un resoconto (di viaggio) piacevole da rileggere mesi se non anni dopo, per ricordare quei getti di quotidianità che ispiravano un "post" qualsiasi. In tal caso bocciavo la carenza di "segretezza" che un diario personale, chiuso in un cassetto, può dare. Ed effettivamente ne pagai personalmente le conseguenze, dopo mesi di sfoghi virtuali sulla mia ex che (non so se per purissimo caso) scoprì il mio blog e mi rinfacciò tutto.
Il secondo macroutilizzo, che misi in parallelo alla dissociazione dalla realtà che vivevano gli hard user delle chat tipo IRC e oggi Second Life, metteva in guardia tutti gli assidui frequentatori di improbabili blog portati avanti da piccole lolite disinibite che, in realtà, potevano essere rappresentazioni virtuali di camionisti di Ostia, scaricatori dell'Ostiense (i mercati generali) o qualche altro essere umano di ben poca caratterizzazione "lolistica", magari in pelosa canotta ricoperta di patacche al sugo.

Abbandonata questa "ipotesi di complotto", e alla ricerca di un luogo dove sfogare la mia deleteria voglia di scrivere, decisi di aprire un blog "segreto", direi personale, quindi estraneo ai due macrogruppi di cui sopra.
Ma, si sa, la vanità e l'edonismo dell'individuo moderno sono il nostro pane quotidiano, e il risultato fu un blog che non viveva di solitudine ma anzi aveva le sue graditissime visite, frutto di persone che -fortunatamente ma per loro sfortuna- mi conoscono anche "in real life". Queste persone sapevano (sanno) che se un giorno verrò qui a scrivere come ucciderò l'umanità intera con un solo gesto non sarà per una mia reale volontà, ma un modo di scherzare e soprattutto di non essere preso troppo sul serio.
Che poi io lo voglia fare davvero è un discorso a parte, probabilmente frutto di una decisione con i miei altri due me, di cui uno molto cattivo e uno a sua volta vittima di uno sdoppiamento di personalità con un Vogon.

Parliamo del nuovo Zibaldone, affidando un'introduzione semantica al buon De Mauro.
Secondo "lui" lo Zibaldone è una vivanda con molti ingredienti, un quaderno con appunti e pensieri privi di ordine (credo proprio grazie alla connotazione leopardiana) e ("spreg.") uno scritto o opera artistica eterogenea con elementi incoerenti tra di loro.
Formalmente diremmo quasi un "simulacro dell'eterogeneità" ma, inter nos, chiamiamolo pure accozzaglia di cazzate. O marea di c., tanto siamo in estate!

Non intendo andare oltre, cercando di giustificare un titolo fin troppo leopardesco, ma vorrei parlare dell'incredibile piena di emozioni che il "dono della vista" sta suscitando nella mia quotidianità.
Qualche giorno fa ho paventato l'ipotesi di un'operazione agli occhi e, neanche a farlo apposta, il luminare (mai termine fu più azzeccato) che mi ha operato ha voluto mettermi sotto i ferri "il prima possibile", innanzitutto per permettermi una serena vacanza estiva.
Come risultato ieri mattina mi sono operato, ieri sera mi sono riposato, e oggi ci vedo come un falchetto, "in alta definizione" direbbero a SKY.

Tutto il processo è stato un lampo, "una mina" direbbe il mio bacchinesco amico cantautore, tanto che in soli 5 minuti da quando sono entrato in sala operatoria ero già alla cassa, con la visuale appannata non da un eccesso di gomito (alcolico) ma dal normale processo di cicatrizzazione del cristallino.
Qualche ora fa sono finito sdraiato sul letto, stufo di questa vista "stanca" e convalescente, chiudendo gli occhi e maledicendomi per quello che ho fatto.
Maledicendomi perché non ho rispettato quello che la natura ha scelto per me, maledicendomi perché di occhi ce ne sono soltanto due e una piccola sbavatura rischia di compromettere "per sempre" quello che vedo.
Mi sono poi lucidamente reso conto che comunque vada già ora ci vedo infinitamente meglio di prima (dal destro sembra undici decimi, il sinistro ancora deve decidere dai nove in su). Ma ho capito che chi si rifà le tette, il naso o gli zigomi passa infiniti attimi in queste condizioni, vittima di una scelta ambigua e -come ogni cosa umana- soggetta ad una componente di "errore".
Una voce dentro di me (paranoica) si chiede se ho sbagliato, se dopotutto potevo tenermi gli occhiali e continuare a fare il guercio ad libitum.

Ma non sarà così, anche perché ormai è troppo tardi!

Parliamo di cose serie, ovvero i lati positivi di questa scelta che, col senno del quasi-poi, sento di poter consigliare a chiunque senta l'oppressione delle lenti sul naso.
E la prima cosa che voglio fare è fugare ogni dubbio sull'ipotesi che io sia un maiale: quest'estate al mare i miei occhi faranno prepotente incetta di perizomi, chiappe, "decoltee" e tutto ciò che la spiaggia da anni mi nega per ovvia goffagine di lenti a contatto e occhiali di vario tipo. Dopotutto ero anche stanco di sfoggiare addominali e pettorali (ini in entrambi i casi) scolpiti dal mare e dal vento, senza poter partecipare alle situazioni di "spizzo" per evidente carenza di diottrie!

La seconda cosa da fare sarà ritrovare la voglia di tornare a lavorare, visto che nelle prossime tre settimane devo chiudere tre puntate del mio nuovo programma, ma sto INDIETRISSIMO!!!

Chiudo come ai bei tempi della Jalappa's: stay tuned, chi cambia canale è un Vogon!!!

P.s.
http://airfence.blogspot.com/2004/09/si-comincia.html, alla faccia della coerenza col mio ultimo commento!

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posted by Stefano at 11:47 | 0 comments
domenica 8 luglio 2007
Rileggendo la data, e l'ora, dell'ultima volta che mi "sono fermato" a scrivere due righe su questo diario è evidente che alla fine quello che doveva essere un viaggio in compagnia, di chi mi legge s'intende, alla fine è diventato un viaggio solitario.
In questo senso il mio DNA di stradista su due ruote non aiuta di certo, chi va in moto raramente va in coppia, ma se non mi sono fermato qui è solo per due motivi paralleli.
Il primo, banale e forse scontato, è che non ho trovato il "mood" giusto per appoggiare le dita sulla tastiera, lasciando fluire le parole sulle note di un adeguato accompagnamento musicale. A più riprese sono capitato in questa pagina e, trovata una sequenza di parole che avesse un perché, non ho avuto il coraggio, o la voglia, di cliccare su "pubblica post".
Con il senno di poi non ho rimpianti.
Il secondo motivo è, ancor più banale, una serie di impegni a raffica in ufficio, culminanti in questi giorni con il montaggio delle puntate di un format di sei settimane che andrà in onda dal primo agosto, un programma di cui sono il programmista/curatore/autore. Senza contare che anche stasera, alle 21, sarò al Master Control per seguire una diretta.
Il tutto suona affascinante, molto formativo sul piano professionale, ma così mortificante per la mia voglia di scrivere che quasi mi vergogno ad ammetterlo.

Ma non disperiamo.
Negli oltre 30 giorni che separano l'adesso dalla pioggia lucente non ci sono stati grandi accadimenti, a parte un controverso ma zuccherato weekend al Circeo e un'importante "milestone" appartenente agli ultimi 15 giorni.
Parliamo del Circeo cercando, per quanto possibile, di non sparare a zero come feci l'ultima volta che ci sono stato. Cosa molto difficile visto che, alla resa dei conti, la vera nota positiva dei due giorni abbondanti passati all'ombra del promontorio omerico è la compagnia.
E come poteva essere altrimenti se a dividere il primo weekend di mare c'erano con me niente popò di meno che Pinklady e il Cantautore Bacchini Privo di Chitarra?
Dico privo di chitarra perché in quei momenti lui è soltanto Simone, e tra una risata e una frecciata è l'amico di sempre, quello dei cicchetti, delle ubriacature, dei viaggi verso musicali mete sperdute e della dura lotta con la solita quotidianità.
Un "valore" (come direbbe l'amico comune Vito Rubino) che con il passare dei giorni diventa sempre più raro, esclusivo. Un privilegio che visto al cospetto del suo nuovo EP (messaggio promozionale) "Come il Giorno e la Notte" e della brillantissima carriera musicale che sta avendo non è assolutamente da trascurare.
E credo che la pensi così anche la mia amica Pinklady, visto che ha partecipato con divertita e gradevolissima sagacia al clima cameratesco di questo insolito trio post-liceale, dimentico di cartellini e allievi per tornare a surfare le onde dell'adolescenza, negli stessi posti, quasi tra le stesse persone con cui abbiamo cominciato ad aprire gli occhietti, piccoli gattini trovatelli in un mondo di vigliacchi predatori di cuccioli d'uomo (da leggere con intonazione commossa).
Quello che devo ancora una volta riportare, purtroppo, è che se al posto del Circeo c'era un qualsiasi altro luogo ameno, il weekend sarebbe stato esattamente lo stesso.
Segno che i cuccioli sono effettivamente cresciuti e, un po' come i gattini svezzati, sono pronti a lasciare "il nido", il rifugio della giovinezza. Per farla breve l'affetto verso un Circeo che ci ha cresciuto sembra essere svanito, quasi scomparso, sostituito da un senso di solida amicizia, complicità, nato proprio qui ma cresciuto su binari svincolati dal "luogo".
E sono sicuro che noi tre, domattina, potremmo prendere l'aereo per una qualsiasi meta esotica, non necessariamente da sogno, per scoprire che il Circeo per noi è molto più un'idea, una dorata astrazione, che un luogo da frequentare per ritrovare quello stato d'animo, quella serenità, quella fiducia e curiosità per un futuro che in una segreta metamorfosi sta diventando il nostro presente.
Parlando invece del Cantautore Bacchini Munito di Chitarra, va riportata una certa serenità nell'affrontare la sua onda musicale, onda direi oceanica, grazie anche al suo fido chitarrista e un talento, questo nessuno può eccepirlo, nello scrivere e nel tenere un pubblico davanti al palco.
Basta complimenti, nei giorni del Circeo avrei detto scherzosamente "il bluff prima o poi finirà", ma un click sul suo myspace può dare a chiunque il privilegio di un giudizio frutto soltanto del proprio raziocinio.

Ho parlato di una pietra miliare che, alla fine, mi auguro potrò ricordare con piacere: abbandono gli occhiali, o almeno ho intrapreso la strada che potrebbe portarmi ad abbandonare definitivamente gli occhiali.
Proprio domattina farò una visita presso una clinica oculistica e, se tutto dovesse essere entro i giusti parametri, un magico laser dai poteri taumaturgici restituirà ai miei occhi l'onore di ricevere la luce nel modo giusto, permettendomi di tornare a vedere come una persona normale.
Contando che li porto da oltre 15 anni, ovvero più della metà dei giorni che ho "visto" (felice doppio senso) su questo mondo, direi che potrebbe essere considerato un giorno da crocettare sul calendario.
Calendario che corre velocissimo verso l'estate dove, ancora una volta, mi attendono 15 giorni passati tra tavole, vele, vento e windsurf senza tregua. Ho comprato una tavola nuova, non vedo l'ora di metterla in acqua e soprattutto non vedo l'ora di tornare a settembre con la carica estiva che ogni anno mi permette di affrontare un autunno e un inverno senza (poi troppe) difficoltà soggettive.

Non vedo l'ora di andare in vacanza, non vedo l'ora di "rifare Circeo", magari da un'altra parte, e non vedo l'ora di mettere in pratica (a settembre ormai) un'altra scelta -professionale ma legata all'estetica- che ho fatto.
Ma che, per scaramanzia, rinvio su questo diario di qualche post.

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posted by Stefano at 15:42 | 0 comments